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Biografia

 

Nata il 2 giugno 1948, in una famiglia con uno spiccato interesse per le arti - il padre Adelmo (1901-1987) è restauratore di mobili antichi e cultore di musica (si costruì un mandolino e una chitarra e negli anni Trenta fece parte dell'Orchestra della Radio italiana), la madre Rina Romiti (1909-1984) alle cure per la casa e per la famiglia associa la passione per il ricamo e soprattutto per la lettura e per l'opera lirica -, Maura è la terzogenita di tre fratelli: Alfio, che dopo una giovanile attività pittorica diventa restauratore d'arte di fama internazionale, ed Enzo, che muore di meningite nel 1946, all'età di nove anni. L'infanzia di Maura è segnata dalla ferita della recente scomparsa del fratellino, che la madre non cesserà di ricordare e di rimpiangere quasi ossessivamente per tutta la vita, provocandole un senso di "inadeguatezza sostitutiva" ed accentuandone l'ipersensibilità malinconica.
     La famiglia abita nell'"attorta / ripida casa in via Silvano Fedi" a Pistoia (evocata nella poesia 
Patria), il cui centro è la grande cucina dove Maura passa molto tempo, "ritta su una sedia ad ascoltare i programmi esteri della radio, attratta dal ritmo sonoro di lingue sconosciute"; dal piano superiore, dove si trovano le camere, si accede ad una ripida scala in legno che conduce all'ampia terrazza dalla quale lo sguardo spazia sui tetti della città. Maura sosta frequentemente in raccoglimento sognante sotto le ali dell'angelo "romanico" affrescato in cima alla scala dal fratello, o si stende sulla terrazza a contemplare il cielo, coccolando l'amata e prolifica gatta Giuditta, la prima di una lunga serie di congeniali presenze feline.
     Frequenta le scuole elementari "Civinini e Arrighi" in Via dei Cancellieri, dove ha come maestra Angela Santiloni, singolare figura - dolce e severa - di mater dolorosa, a cui resterà sempre affettivamente legata. Dall'età di cinque anni, trascorre con la famiglia le vacanze estive in Versilia per la cura elioterapica della scoliosi. Inizia a scrivere poesie e dopo le scuole medie frequenta il Liceo "Forteguerri", assimilando profondamente la cultura classica e assecondando nel contempo la precoce, onnivora sete di approfondimenti letterari, soprattutto nell'ambito della poesia europea, ma ben presto anche russa, americana, cinese, giapponese, indiana. Si sente estranea al perbenismo borghese e mondano che si respira nell'ambiente liceale e cittadino, e predilige le fughe solitarie in bicicletta nella campagna, dove spesso si arrampica sugli ulivi a leggere i poeti prediletti, antichi e contemporanei, dei quali condivide a volte la lettura col condiscepolo Maurizio Perugi (che diverrà filologo romanzo). Le piace viaggiare, ama la musica, il cinema d'avanguardia e pratica saltuariamente il nuoto e il tennis.
     Iscrittasi alla facoltà di Lettere dell'Università di Firenze, partecipa ai fermenti del '68, e segue con slancio ideale ma non ideologico le istanze libertarie dei movimenti studenteschi europei (segnatamente francesi e tedeschi); compie anche un viaggio in Austria e in Germania finendo però per prediligere la scoperta dei luoghi mozartiani e della "poesia pensante" di Hölderlin, che sempre le sarà di riferimento, ai dibattiti "rivoluzionari". All'inizio degli anni Settanta, insieme ad un gruppo di amici universitari, si reca in Sicilia per effettuare un reportage fotografico fra i terremotati del Belice che ancora subivano i gravi disagi del sisma del gennaio '68: è molto colpita dalle precarie condizioni socio-economiche del territorio, e insieme agli altri studenti si adopera per denunciarne le responsabilità, restando nel contempo affascinata dalle bellezze naturali e monumentali della Magna Grecia.
     Nel 1972 si laurea, con il massimo dei voti e lode, in Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea, discutendo una testi sulla poesia di Dino Campana, dalla quale ricava il suo primo volume di critica letteraria 
L'immagine aperta. Poetica e stilistica dei Canti orfici, lodato per l'acribia e per l'orizzonte "globale" e innovativo dell'indagine; a Campana, negli anni seguenti, dedicherà una ulteriore monografia e diversi saggi, accreditandosi come sua studiosa "storica".
     Inizia l'attività di insegnamento nelle scuole superiori e, stabilmente dal 1975, nella stessa Università di Firenze, dove in periodi successivi afferirà a Letteratura Italiana, a Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea ed infine a Letterature Comparate.
     Nel milieu fiorentino ha contatti soprattutto con Luzi, ma anche con Betocchi, Parronchi, Bigongiari e con Macrì, che la invita più volte ad intervenire agli incontri settimanali che si tenevano al caffè Doney. Fra gli intellettuali dell'ambiente romano conosce Falqui, la Manzini, Zolla (che le propone di collaborare alla rivista "Conoscenza Religiosa" da lui diretta, nonché ai volumi de "Il Superuomo e i suoi simboli nelle Letterature Moderne", a sua cura) e Cristina Campo, a proposito della quale la Del Serra ha affermato: "la incontrai una sola volta nella sua casa sull'Aventino, conservo un piccolo mannello di sue lettere e cartoline a me indirizzate ed ho ancora vivo il ricordo di una telefonata molto accorata che Cristina mi fece dalla Liguria poco prima della sua morte, nel gennaio 1977".
     Nel febbraio del 1975, ad una mostra di codici miniati nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, incontra il coetaneo Moreno Fabbri (che gli studi di Ingegneria e di Economia e la laurea in Scienza delle Finanze non distoglieranno mai dai giovanili interessi artistici: letteratura, pittura, musica, cinema e soprattutto teatro, al quale continuerà a dedicarsi attivamente anche nella maturità). Il 10 agosto 1975 Maura e Moreno si sposano nella chiesa di Sant'Andrea a Pistoia; testimone dello sposo è l'amica artista d'avanguardia Donatella Giuntoli, nipote dello scultore Marino Marini; testimone della sposa è il cugino Cesare Gori (prediletto compagno di giochi nell'infanzia e nelle vacanze estive), fisico dedito alle applicazioni della disciplina in campo medico (si specializzerà a Berkley e diverrà responsabile della fisica sanitaria nell'ospedale fiorentino di Careggi). Maura e Moreno vanno ad abitare dapprima in un'erta mansarda nel centrale Corso Gramsci, e successivamente in una piccola casa in Via dei Magi, le cui finestre danno sull'ampio orto del Convento di San Domenico (Guido Ceronetti in una cartolina le scriverà: "Bello abitare in Via dei Magi: non mancheranno oro, incenso..."). Sono anni di lunghe, intense conversazioni, incontri, viaggi, ricerche, scoperte reciproche e comuni, specialmente in ambito artistico, spirituale ed esoterico, ma anche di costruzione di "ponti" conoscitivi ed attivi con la dimensione comunitaria e sociale, alla quale entrambi partecipano senza ostentazione.
     Nell'estate del 1977, Maura e Moreno, insieme a due loro amiche fiorentine, intraprendono un lungo viaggio in Francia: dopo alcuni giorni di sosta forzosa sulle Alpi a causa di un pauroso incidente automobilistico dal quale escono miracolosamente illesi, dalla Savoia, facendo diverse tappe di interesse artistico, arrivano a Parigi, dove Maura è particolarmente attratta dal ciclo di arazzi de "La Dame à la Licorne" e dalla mostra sull'Islam allestita al Grand Palais; nell'occasione acquista diversi dischi di musica araba tradizionale che farà da frequente sottofondo alle sue giornate di lavoro. Da Parigi si sposta con il marito e le amiche a Saint Pierre en Port, sulla costa normanna, in una bella casa con giardino messa loro a disposizione da conoscenti parigini; dalla quale il gruppo parte per incursioni sulle falaises e in diverse località del Nord: Amiens, con la sua splendida cattedrale, Rouen, Le Havre, la proustiana Balbec, Bayeux, Mont San Michel, Le Mans, Limoges, le celebri vetrate di Chartres Vézelay. A Solesmes sosta per alcuni giorni al Grand Hôtel contiguo all'abbazia benedettina, seguendo le diverse funzioni giornaliere scandite dal canto gregoriano dei monaci e delle monache poco distanti, ricevendo la percezione palpabile del sacro dalla rispondenza fra il canto e la natura circostante.
     Nel maggio 1978 nasce l'amata figlia Irene, dedicataria di molte poesie, e nello stesso anno Maura pubblica la sua prima silloge poetica, 
L'arco, che raccoglie un mannello di testi scritti a partire dal 1974, escludendo le molte poesie antecedenti perché giudicate ancora immature e "soggettive". Mario Luzi, nella prefazione al libretto colloca la poesia dell'autrice nel "filone profondo che attraversa la cultura e l'arte europea al di là dei confini linguistici e temporali". Intanto, negli anni 1976 e '77, erano usciti altri tre volumi di critica letteraria dedicati rispettivamente a Pascoli, a Rebora e a Ungaretti, mentre nel 1985 uscirà una ulteriore monografia dedicata a Jahier, che nel 1986 verrà premiata a Tagliacozzo. Ancora nel '78, Zolla la invita al Convegno "Numeri e forme geometriche come base della simbologia" che ha luogo a Roma, presso il Centro Nazionale delle Ricerche; Maura – che vi presenta uno studio simbologico delle Laudi di Jacopone – vi incontra il teorizzatore della "bilogica" Matte Blanco, il cui pensiero la stimolerà elettivamente.
     Nel 1983 pubblica la sua seconda raccolta poetica, 
La gloria oscura, segnalata al Premio "Lerici Golfo dei Poeti", vinto in quell'edizione da Giuseppe Pontiggia, che Maura incontra per la prima volta a Villa Marigola, e che negli anni successivi rivede a Belgirate e a Lucca; e Pontiggia, nel gennaio 2001 le invierà copia del suo estremo libro Nati due volte con la dedica: "A Maura Del Serra alla grandezza del suo orizzonte circolare con amicizia". A Villa Marigola Maura incontra anche il teologo Sergio Quinzio, con il quale intratterrà un breve dialogo epistolare.
     Nel 1984, con una scelta di poesie inedite, riceve, a Benevento, il premio "Traiano", primo di una lunga serie di riconoscimenti nazionali ed internazionali. Condividerà il viaggio di ritorno con Maria Luisa Spaziani (che incontrerà con frequenza amichevole nel corso degli anni), con la quale discute tuttavia con vivacità dissenziente in merito alla "poetica" dell'infedeltà programmatica nella coppia Sartre - Simone De Beauvoir.
     Nello stesso anno Maura e Moreno acquistano una casa con un piccolo giardino in via del Roccon Rosso a Pistoia, dove si trasferiscono nel 1985, con la figlia Irene e il padre Adelmo, rimasto improvvisamente vedovo. Per Maura sono anni "multifocali", intensi e faticosi, che mettono alla prova la capacità femminile di conciliare le dimensioni molteplici e talvolta colluttanti della sua vita (creativa, familiare, accademica).
     Nella nota introduttiva al terzo volume poetico di Maura, 
Concordanze, uscito nel 1985, Giorgio Bàrberi Squarotti, che stringerà via via con lei una feconda amicizia personale, afferma: "Certo non si tratta di una poesia facile: tanto ne è limpido il ritmo, tanto il lessico ne è semplice e scarno, tanto, invece, il giro del pensiero e dell'invenzione è complesso e arduo. [...] L'esperienza del poeta è l'esperienza di tutti, a patto che i lettori compiano la stessa difficile ascesi, fino all'estrema purificazione dei sensi. Di conseguenza, la poesia appare fino in fondo un'esperienza rara e suprema, fra le più alte che sia possibile all'uomo compiere, perché è anche esperienza di conoscenza ed esperienza religiosa. Non è poco davvero: per questo l'opera di Maura Del Serra appare illuminata da così solitaria luce di grandezza". Il volume riceverà i Premi "Ceppo Proposte" e "Ceva".
     Nella prima metà degli anni '80, assecondando il desiderio del marito di conoscere meglio la poesia di Else Lasker Schüler, della quale aveva letto con ammirazione alcuni testi antologizzati, Maura inizia a tradurre le poesie del "Cigno nero d'Israele", che costituiranno la seconda parte del volume 
Ballate ebraiche e altre poesie, uscito nel 1985 e accolto con vivo apprezzamento da germanisti come Giuliano Baioni, Ferruccio Masini, Italo Alighiero Chiusano, nonché da intellettuali come Gina Lagorio, che nella terza pagina de "La Nazione" dichiarava: "[...] Confesso che la poetessa ebrea Else Lasker-Schüler, nata nel 1869 in Westfalia e morta a Gerusalemme nel 1945, era fino a questo libro solo un nome legato all'espressionismo tedesco. Ora esiste, per me, con una voce di misteriosa, profonda, modulata armonia, nel piccolo coro dei poeti che formano la mia privata cantoria. La scelta delle sue liriche che si apre con le Ballate ebraiche tradotte integralmente in italiano per la prima volta, è dovuta, insieme all'apparato delle note e della bio-bibliografia, a Maura Del Serra, che introduce alla lettura con una premessa che è qualcosa di più che un saggio critico ma piuttosto una iniziazione rituale, sapiente e colta, ma anche innamorata e umile, alla poesia di Else."
     A metà degli anni '80, Maura sigilla con il suo primo testo teatrale in versi (
La fonte ardente) la sua lunga, appassionata frequentazione degli scritti di Simone Weil, e traduce con slancio empatico l'esile ma intenso corpus poetico della filosofa francese, includendo alcune poesie nella stessa Fonte ardente. Il testo teatrale, scritto di getto in stato febbrile – letterale e figurato – durante una grave malattia, verrà poi pubblicato nel n. 4, 1991 della rivista "Hystrio" - appena approdata all'editore Ricordi - e verrà presentato (con molti tagli) al "Teatro di Rifredi" nel 1992, in una mise en espace introdotta da Ugo Ronfani e da Mario Luzi.


Continua...

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