L'autrice - che insegna letteratura italiana nell'Università di Firenze ed è apprezzata per i suoi lavori critici su poeti italiani del Novecento, ma anche per opere di teatro e come traduttrice da varie lingue - ha iniziato con L'arco (1978) la sua esperienza poetica, innervata su profonde radici culturali, dall'eredità greca, orfico-platonica, alla tradizione vetero e neo testamentaria, senza escludere suggestioni teosofiche orientali. Nella sua lirica - come si verifica in questa silloge-bilancio [Corale] - può cogliersi all'inizio qualche incidenza dell'ermetismo fiorentino, ma il suo linguaggio si è poi sempre più arricchito e personalizzato su un'istanza di scavo e di autorivelazione in musicali figure ed emblemi dove tutto l'uomo è coinvolto, fra il dramma della storia e l'arcano dell'essere. Nell'introduzione a Meridiana (la terza raccolta del 1987), Donato Valli sottolineava in questa poesia le "fonti di un'alta coscienza religiosa, intesa come scienza dell'umano e del divino attualizzati nell'evento della parola, di cui il poeta è insieme vittima e sacerdote, attore e mimo". Nelle pagine premesse a Corale G. Barberi Squarotti indugia sulla caratterizzazione del linguaggio di questa straordinaria avventura poetica come "viaggio di conoscenza nell'essenza del mondo, della vita", dove "sublimità lirica e funzione conoscitiva e rivelativa della poesia coincidono". Molte liriche potrebbero citarsi a comprova dalle varie raccolte qui ricordate: per esempio, da Meridiana, Il sogno del poeta, "scherzo allo specchio", dove l'inflessione ironica, a contrasto con un'apodittica fermezza, coinvolge il senso di una tensione esistenziale totalizzante.
Uno status dell'essere che si fa trasparenza del segreto destino dell'uno in tutto, e che trova riscontro anche nelle "inedite": in Senza niente la parola-metafora è ancora testimonianza totale, ontica, nella sua transliminare concretezza.
ALBERTO FRATTINI
"Libri e riviste d'Italia", maggio/agosto 1995
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