Ho conversato a lungo, un pomeriggio di qualche anno fa, con Maura Del Serra, e la mia conclamata percezione di un Dio assente e lontano poco poteva davanti alla sua lode e alla sua capacità di inginocchiarsi, quasi francescana, a tratti folgorata da una luce che si sentiva viva, vissuta nel corpo e nella parola. Questo mi colpisce anzitutto, della scrittrice [...] l'umiltà, la trasparente semplicità delle cose accolte come un dono, senza finzioni retoriche e concettuali [...] e mi sorprende, come l'oscuro si tramuti in chiarore, come l'apparenza ardua del costrutto linguistico ci offra il mistero con la stessa semplicità di chi spezza il pane. Mi meraviglia, appunto, come i grumi di catastrofe e di negatività per forza presenti in una autentica coscienza cristiana si distendano in gioia stellare [...] Anche il suo, come il mio, è forse il silenzio di Dio, ma da lei accolto come prova che conduce alla pienezza, ad una forma assoluta. Certo chi avrà la fortuna di leggere questo libro, vi incontrerà quei lumi di sventura che in pochi scrittori degni di questo nome gettano un colpo d'occhio sulla condizione dell'uomo in questo tempo di miseria: eppure il doloroso passaggio attraverso la precarietà e la labilità del mondo mira nella Del Serra a fissare l'eterno, e anche la silenziosa lontananza di Dio si capovolge in tenera ed amorosa prossimità.
ROBERTO CARIFI
"La Nazione", 3 luglio 1985
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