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Maura del Serra

Strategie di Hermes nella poesia degli anni Ottanta

La via apofatica o negativa sulla quale Maura Del Serra colloca la tensione della propria parola condotta al limite tra poesia e metapoesia, si traduce, come scrive lei stessa, in un "dialogo unisono - la metafora massima, a un solo termine, il suono di una sola mano - liberato, nel rispetto della distanza, dall'umana passionale metafora della lusinga". (In limine alla traduz. di E. LASKER-SCHÜLER, Ballate ebraiche, Firenze, La Giuntina, 1985, p. 9). Da Concordanze a Meridiana l'unione del sensibile e dell'intellettuale diviene la congiunzione di due trasparenze, nella quale l'anima si affila ma non raggiunge mai effettivamente il proprio acme se non in un'avventura ulteriore e suprema, per cui "il seme del fuoco" non è né un lapsus né la luce dell'astro, ma il breve bagliore di un lapillo. Non si tratta del nulla ma del "quasi-nulla" nel quale si dà un mondo (Jankélévitch), e che comporta una cancellazione del soggetto resa possibile dal movimento di chiusura ed apertura rappresentato dalla metafora-cristallo; se da un lato, infatti, il cristallo separa il soggetto dall'intersoggettività, dal dialogo con l'altro uomo, dall'altro il poeta non può fare a meno di lucidarlo per proporlo come "porta del paradiso", come via alla redenzione. In questo senso scrive il filosofo francese: "Due trasparenze in sovrimpressione sono un unico Quasi-nulla, una stessa Quasi-inesistenza... Cristallo su cristallo" (La via negativa, trad. in "Aut-Aut", n. 219, p. 38). La metafora diviene allora lo spazio ulteriore del simbolo inteso come scarnificazione della parola, una chiarezza che si è lasciata alle spalle l'analogia tout court e l'allegoria per incarnarsi nelle geometrie segrete delle cose, intagliate come icone nel nulla e, al tempo stesso, sgretolate come scorie della luce.


PAOLO FABRIZIO JACUZZI

"Marka", 24, aprile-giugno 1988, p. 45

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